LA PRESENTAZIONE DEL PIANO DI CURA NELLO STUDIO DENTISTICO

LA PRESENTAZIONE DEL PIANO DI CURA NELLO STUDIO DENTISTICO

E’ arrivato il momento di affinare i metodi di indagine per arrivare alla conclusione e alla presentazione certa del piano di trattamento e del relativo preventivo ritagliato su misura per il tuo paziente

Dovrai seguire questi 3 punti:

1) LA PRESENTAZIONE DEL PIANO DI CURA: LE INDAGINI ACCESSORIE

È essenziale che, nel tuo studio, ci sia come minimo un apparecchio per fare le OPT. Costa quello che costa ma averlo è un investimento. Pensa a quanto tempo perdono i pazienti per andare avanti e indietro fra te e il radiologo (che magari ha parenti dentisti); da questa situazione nascono proprio le prime occasioni per allontanarsi dal tuo studio. Il tuo obiettivo finale dovrebbe essere quello di svolgere ogni tipo d’indagine dentro la struttura per dare ai pazienti la sensazione di un servizio completo, cosa che non tutti posso offrire e, quindi, sorprenderli positivamente.

Non incaponirti pensando che devi rientrare nell’investimento di questa spesa chiedendo al paziente i 30 euro per ogni panoramica. Offrila gratuitamente: sai benissimo che, se accetta il piano di cura, quel piccolo costo sarà ampiamente compensato dai lavori che farà. Stupisci il paziente con un servizio di qualità superiore a cui non è abituato e che ti posizionerà in una categoria sempre più alta tra i professionisti della tua città.

Abbandona la filosofia del “meglio un uovo oggi della gallina domani” e pensa che, nel tuo studio, non esistono spese ma solo investimenti, per cui ogni attrezzatura che semplifica e aggiorna il tuo lavoro,
portando valore aggiunto a ogni prestazione, sarà quello che, nel medio-lungo periodo, ti porterà a raggiungere gli obiettivi di successo che desideri.

A fare la differenza è anche il fatto che, per ogni piano di trattamento che va oltre le semplici cure di conservativa, è necessario prendere due impronte per poi sviluppare due modelli di studio in gesso. Le importanti ragioni sono:

a) poter studiare i rapporti tra le arcate e visualizzare gli obiettivi di trattamento a mente fredda, seduto alla tua scrivania, confrontando i modelli con le indagini radiologiche, i risultati della visita clinica
e dell’anamnesi, così da programmare il corretto piano di trattamento (ortodontico, protesico, implantare o combinato);

b) mostrare al paziente il suo personale quadro intraorale, evidenziando le problematiche, le possibilità protesiche, ortodontiche e, in generale, il quadro della riabilitazione, anche qui confrontandolo con tutti
gli altri dati mentre si presenta il piano di cura.

Ogni volta, sono piacevolmente sorpreso dalle reazioni soddisfatte dei pazienti per la gran mole di dati e di analisi con i quali documento quanto ho studiato per la soluzione del loro particolare quadro clinico
e per la presentazione del piano di trattamento.

2) LA PRESENTAZIONE DEL PIANO DI CURA: LA COMUNICAZIONE CON IL PAZIENTE

Un mio caro amico che gestisce varie cliniche dentali si vanta del fatto che abitualmente presenta un solo piano di trattamento non negoziabile perché è lui che decide cosa è meglio per il paziente. Se mi permetti un paragone preso dal poker, questo è giocare continuamente in all-in, mettendo nel piatto tutto quello che hai senza lasciarti un piano b. Per il mio modo di vedere, non esiste il piano di trattamento perfetto.

Io propongo sempre un ventaglio di opzioni sulle quali invito il paziente a ragionare insieme a me. In questo modo ottengo tre risultati:

a) aumenta la percezione della mia professionalità;

b) aumenta l’empatia, in quanto il paziente si sente compreso e “preso in carico”;

c) non rischio di obbligarlo a perseguire una strada che lui non è in grado di percorrere.

Una regola aurea della vendita è quella di non forzare mai la mano al proprio cliente. Si rischia di ottenere un risultato eclatante nel breve termine, per poi perdere quella persona nel lungo periodo perché si è abusato della sua fiducia.

Prendo spesso come esempio una persona che va da un concessionario per acquistare un’auto. Questa, in genere, gli serve per andare da un punto “a” ad un punto “b”. È il fine dell’autoveicolo. Quando presento un piano di trattamento, io dico al paziente che può andare da un punto all’altro in maniera più o meno comoda, in maggiore o minore tempo.

Il bravo venditore di auto sa che esistono svariati modelli, dal base fino al SUV al 3.000 Turbo. Sarebbe controproducente per lui proporre solamente il 3.000 anche se, sulla carta, gli basterebbe piazzarne uno al mese per guadagnare come dieci modelli base. È lo stesso per chi si reca presso il tuo studio. Devi sempre dare la possibilità al paziente di valorizzare l’aspetto estetico e, allo stesso tempo, di poter mangiare, proprio come il concessionario deve offrire alla persona la possibilità di viaggiare.

Da qui puoi capire che il tuo ruolo è quello di offrire soluzioni alternative ma funzionali a raggiungere, con il budget che si può permettere la persona che hai di fronte, il miglior risultato possibile per sorridere e per masticare.

Durante la chiacchierata di presentazione del caso è cruciale entrare in sintonia con il paziente per capire, tramite le domande aperte di cui ti ho parlato, fino a che punto ti puoi spingere nel programmare il suo piano di trattamento. Questo lo devi avere ben chiaro prima di proporre qualunque cosa e, sfruttando sia le tue conoscenze cliniche che umane, indirizzerai la tua mente verso le opzioni più appetibili rispetto ai suoi bisogni. Il piano di trattamento, quindi, nasce dalla chiacchierata durante la prima o la seconda visita, ragion per cui, in questo cruciale momento, devi essere nel massimo stato di concentrazione logica ed emotiva.

Nello studio operativo, la porta rimane chiusa, la tua assistente in silenzio, la segretaria sa che non può passarti telefonate e nessun collaboratore in quel momento può disturbarti per alcuna ragione. Devi pretendere questo stato di quiete e concentrazione ogni volta che effettui una visita e/o presenti un piano di trattamento. È anche in questi momenti, infatti, che si costruisce un grande studio.

3) LA PRESENTAZIONE DEL PIANO DI CURA: COME NON PARLARE DEL PIANO ECONOMICO, PARLANDONE

Quando presento un piano di trattamento, non parlo mai del lato economico. In questa maniera elimino subito un problema: se non sono io a presentare i preventivi, il paziente non può chiedere né sconti né dilazioni di pagamento.

Avendolo purtroppo fatto nei primi anni della mia carriera, so che andrei a imbarcarmi in annose questioni (ricorda che il tuo tempo è denaro e che ogni momento in cui non sei operativo clinicamente è tempo perso). Dato che gran parte della mia energia è rivolta a creare un rapporto empatico con il paziente, è chiaro che di fronte a tali richieste le mie difese sono bassissime e, quindi, facilmente cedono in quanto ogni persona ha i suoi problemi e io mi sentirei in dovere di aiutarle.

Questo è il punto cruciale di tutto lo schema che ti ho illustrato fino ad ora: è importante che ognuno abbia il proprio ruolo e che lo segua in maniera rigorosa, solo così il processo di vendita emozionale può essere coronato costantemente dal successo.

Per anni ho continuato a perseverare nell’errore portandomi a casa i sensi di colpa e vivendo male la mia quotidianità in studio, quando lo vedo fare ai miei colleghi, ora che ne sono uscito, mi piange il cuore sapendo che cosa stanno ancora passando. La mia risposta standard alla presentazione del piano di cura nel momento in cui il paziente mi chiede il preventivo è: “Io non so i prezzi. Di questo se ne occupa la mia segretaria”.

In questo modo salgo di nuovo su nel percepito nel paziente, perché lui mi vede realmente solo come colui che si occupa del suo benessere e la persona suddivide le due parti tra chi lo cura (io) e la struttura che gli sta erogando la prestazione(lo studio).

Così, anche per quanto riguarda i pagamenti, le dilazioni, le finanziarie o il recupero dei crediti, questi sono richiesti non dalla segretaria, ma dalla struttura, eliminando tutta quella emozionalità negativa che si concentra nei passaggi di denaro. Secondo questo modello, i pagamenti vengono richiesti da una struttura impersonale che segue determinate regole stabilite dalla legge, piuttosto che fra persone, cosa che in alcuni casi può portare a lamentele o discussioni.

Tratto dal libro “Il Dentista del Futuro” di Giuseppe e Alberto Massaiu.
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